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C’è ancora tanto da fare per una verà parità dei sessi

Nell’ultimo anno, l’emergenza sanitaria ha generato una grave crisi economica con conseguenze anche sul mondo del lavoro. Rispetto al tasso di occupazione femminile il Covid si è abbattuto su una situazione già difficile di suo.

“In questa pandemia le donne stanno pagando il prezzo più alto: quelle in prima linea nella scuola, nella sanità, negli ambiti di assistenza e dei servizi dove sono meno garantite rispetto agli uomini”, denuncia Sara Claudiani, coordinatrice Donne Cisl Umbria. In Italia, nel 2020, si sono persi 440 mila posti di lavoro, in maggioranza, 312 mila, occupati dalle donne. Un problema che viene da lontano: dal 1977 ad oggi, il tasso di occupazione femminile italiano è aumentato di soli 15 punti percentuali, uno dei più bassi in tutta Europa. Le lavoratrici senza figli sono il 71%, la percentuale scende al 53,4 per le donne con un figlio in età prescolare. “Questo perché in Italia - spiega Claudiani - non si seguono criteri di conoscenza, di curriculum, di studio ma il cosiddetto criterio del ‘nucleo familiare’”.

Numeri allarmanti, quindi, già prima della pandemia quando le donne che avevano un lavoro erano il 49%, contro la media europea del 60%. Un problema su cui si innesta anche la differenza di stipendio. “A parità di professionalità, una donna guadagna in media il 30% in meno di un uomo” denuncia Claudiani. Con il lockdown la maggior parte delle aziende è ricorsa allo smart working, una soluzione adottata in ‘emergenza’ e “troppo velocemente senza riconoduzione scere il diritto fondamentale alla disconnessione. Con il perdurare della pandemia e la nuova chiusura delle scuole, le donne si dividono tra lavoro e figli, tra una call e un letto da rifare. Prima del Covid, lo smart working era usato dall’1,5% delle lavoratrici, ora dal 16,9% contro un 12,8% degli uomini. La vita professionale si va a fondere con la vita familiare, con ripercussioni anche a livello psicologico. Le misure di distanziamento hanno ‘frantumato’ i rapporti sociali e con il lavoro da casa la donna non riesce più a staccare. Una soluzione potrebbe essere alternare lo smart working con il lavoro in presenza, ma servono degli aiuti specifici”.

Un altro strumento a cui si è ricorsi è stato il part-time; una soluzione applicata non in modo uniforme tra donne e uomini. “Prima del Covid - racconta la coordinatrice - veniva richiesto dalle lavoratrici per coniugare lavoro e vita familiare, però il part-time ha anche dei punti negativi: alla riduzione dell’orario di lavoro corrisponde la riduzione dello stipendio (-36%), ma il carico di lavoro resta lo stesso. Con la pandemia abbiamo visto crescere il numero delle cosiddette ‘forzate del part-time’ (+107,8%) che hanno dovuto scegliere tra la ri- dell’orario o il licenziamento”. Nel 2019, 37 mila donne hanno lasciato il lavoro: il 73% erano donne con figli; in due terzi dei casi al primo figlio. “Per tutelare le lavoratrici si deve introdurre nei contratti il part-time reversibile, garantendo la possibilità di tornare al full-time. Si deve puntare sul welfare contrattuale, sostenere le donne nel trovare un giusto equilibrio tra vita lavorativa e vita familiare creando dei pacchetti mirati con l’aumento dei permessi, anche per i papà, e uno smart working più forte. Se non si inizia a lavorare su questi aspetti il rischio è che le donne possano uscire dal mondo del lavoro. Al di là della pandemia - conclude Claudiani - , serve una legge che dia il giusto valore sociale alla maternità perché se la donna non ha questo tipo di supporto, il tasso di natalità in Italia, già il più basso d’Europa, non potrà far altro che peggiorare”.

Il superamento del Covid non sarà la soluzione del problema. “Il mondo del lavoro è prettamente maschilista - spiega il segretario della Cisl Umbria, Angelo Manzotti - , serve una rivoluzione culturale. Dobbiamo tutelare di più le mamme lavoratrici al momento della contrattazione puntando sul welfare aziendale e sull’abbattimento delle differenze salariali. Per arrivare a queste consapevolezze non basta l’8 marzo. Una festa della donna fine a sé stessa non aiuta! Serve comprendere il ruolo importante che ha la donna nella società e nel mondo del lavoro, servono pari opportunità”.

Annalisa Marzano

In assenza di welfare, non sempre lo smart working è la soluzione giusta per le donne (foto Getty)

Era già difficile prima della pandemia: nel 2019, 37mila donne hanno lasciato il lavoro, quasi tutte costrette a scegliere tra maternità e carriera

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