Don Marco: voglio camminare insieme con il popolo di Perugia
Don Marco Salvi, 65 anni, eletto vescovo ausiliare di Perugia - Città della Pieve sta cominciando a riorganizzare la sua vita in vista di questo nuovo incarico. Ha iniziato a venire a Perugia, per parlare con il Cardinale, di cui sarà il primo collaboratore, con il vescovo Paolo Giulietti, da cui riceverà i ‘dossier’ su quanto si sta facendo in diocesi, e non ultimo per iniziare a conoscere luoghi e persone che presto saranno la sua nuova casa, i suoi nuovi collaboratori.
In una di queste giornate a Perugia, mons. Salvi è venuto in redazione e gli abbiamo chiesto di raccontarci qualcosa di sé.
Mons. Salvi, immagino che la nomina l’abbia colta un po’ di sorpresa … “Ha sorpreso molte persone, prima di tutto me ed è stata abbastanza repentina perché io fino al 4 febbraio, il giorno in cui ho ricevuto una telefonata da Roma, ero del tutto all’oscuro. Il 5 febbraio convocato a Roma mi è stata fatta una proposta che non avevo motivi per non accettarla anche se per me è un ricominciare. Ho una certa età, quella in cui si tende ad accomodarsi a fare le ‘cucce’, ma poi il Signore si serve degli imprevisti per provocarci. Devo ancora metabolizzare, non ho mai fatto il vescovo, quindi non so neanche quello che mi aspetta”.
Non ha mai fatto nemmeno il vicario?
“Sì ho fatto il vicario foraneo e di una zona pastorale, però una cosa molto semplice sempre con parrocchie piccole, e a livello diocesano ho solo aiutato la diocesi nell’Istituto sostentamento clero. Però sono stato sempre a disposizione e al servizio della Chiesa. E spero di essere al servizio di questa Chiesa di Perugia - Città della Pieve, perché io non ho idee da portare, devo conoscere, ascoltare, per mettermi al servizio della vita che incontro”.
Lei entra in una realtà che è già in movimento, dovrà collaborare con il Cardinale.
“Lui è il punto di riferimento essenziale per me perché è sempre stato un padre con me, anche in questi anni di lontananza e io sono desideroso di continuare ad essere suo figlio e di aiutarlo in questo compito però, torno a dire, devo prima di tutto ascoltare, vedere, capire, la ricchezza di questa Chiesa”.
Possiamo dire che la vicinanza geografica è un aiuto visto che non siamo così lontani come storia e come cultura?
“Io sono nato a Sansepolcro e il confine con Città di Castello era a 200 metri. Penso però che ciò che rende unite le persone è una esperienza di fede, prima ancora che una cultura. La cultura nasce da una fede ed è la fede che rende unite la mia toscanità alla peruginità. Insomma mi sento a casa mia anche qui. Tra l’altro ho una sorella che si è laureata qui a Perugia, un fratello che di fatto ha la sua principale attività qui a Perugia”.
La sua vocazione è legata a qualche esperienza ecclesiale in particolare?
“Il mio primo approccio è stato nelle esperienze parrocchiali, poi c’è stato un momento in cui non dico di aver abbandonato la fede ma soprattutto negli ultimi anni delle superiori non ero, diciamo così, devoto. Era la fine degli anni ’60, fino al 1972. Studiavo a Città di Castello e per una occupazione della scuola ho avuto anche una denuncia nel 1969”.
Quindi lei era già uno studente appassionato delle grandi cause...
“Sì e penso che il ’68 fu, pur con tanti limiti, una bella provocazione per la vita delle persone, in bene e in male. Poi sono andato all’Università a Firenze, a studiare Architettura. Lì è stato fondamentale l’incontro con Comunione e liberazione dove ho scoperto anche la bellezza di un Cristo che c’entra con tutto, con lo spazio come con la vita. È stata un’esperienza molto bella e molto intensa e di questo sono grato a Cl. Da qui è nata anche l’ipotesi di una dedizione totale a Cristo alla fine degli studi. Sono rimasto in università ancora un anno con una borsa di studio e dico sempre che visto che non trovavo lavoro e non trovavo moglie, sono entrato in seminario. È una battuta da toscano però l’esperienza fu quella di una bellezza tale che meritava spenderci la vita”.
Quindi ha fatto questo passo...
“…Grazie alle indicazioni che Giussani mi offrì dopo un colloquio a Nocera Umbra. E dopo ho trovato tanti preti indimenticabili, anche nella mia città di Sansepolcro, che mi hanno sempre accompagnato. Insomma sono stato fortunato, ho trovato un’esperienza di Chiesa che ha moltiplicato quel desiderio di felicità che mi portavo dentro il cuore”.
Questo rapporto di Cl è continuato?
“Facendo il prete sei di tutti, però hai sempre bisogno, come tutti, di punti di riferimento che aiutino a camminare nella vita. Cl è rimasto costante come punto di riferimento però in parrocchia c’erano anche l’Azione cattolica o gli scout per esempio”.
Il cuore del ministero episcopale secondo lei quale è?
“Non glielo so dire perché avrei un pre-giudizio che non mi farebbe leggere la realtà per come si presenta. Io penso di venire non come salvatore di una comunità ma come servitore di una comunità, e il servizio nasce sempre dalla realtà che ho di fronte. Per la mia esperienza credo che Gesù Cristo sia una esperienza viva che si può incontrare. La mia idea pastorale è che Cristo è ancora affascinante, come ancora è affascinante per me, e merita farlo conoscere, dare occasioni di incontro con questa persona prima ancora di documenti, piani pastorali e tante altre cose. Penso che Perugia sia una comunità viva che voglio conoscere. Non so ancora come, ma voglio camminare insieme con il popolo di Perugia”.
Lei ha scelto come motto per il suo stemma “Duc in altum”. Perché?
“La prima domenica dopo il 5 febbraio il Vangelo parlava di prendere il largo e gettare le reti e mi ci sono trovato pienamente perché gran parte della mia vita è stata come non pescare niente. Forse perché mi sento un po’ stanco anche nascondendomi dietro l’alibi che ‘il mondo va così”. E poi anche la mia vocazione è stata un invito di Cristo a gettare le reti e a prendere il largo, e così anche questo episcopato per me è un invito a prendere il largo”.
Oltre alla parrocchia lascia casa e famiglia. Viene a Perugia da solo?
“Ho una famiglia che per me è un riferimento molto importante: mia mamma di 92 anni che vive sola e i miei quattro tra fratelli e sorelle, ma stare solo non mi scompone. So anche cucinare e faremo qualche cenetta con Bassetti il quale mi ha chiesto di stare vicino a lui, anche se in maniera autonoma, invece di andare in qualche appartamento. Quindi abiterò qui nel palazzo vescovile”.
Maria Rita Valli
Don Marco Salvi in redazione per l’intervista