Se sia meglio difendere le frontiere o sfamare gli affamati
Cattolici al bivio: il Papa o Salvini , titolava perentoriamente
Repubblica dell’8 luglio scorso. Fa gioco a un giornale interventista da sempre sotto il profilo politico qual è il quotidiano fondato da Scalfari - e attualmente schierato in modo aperto, a tratti viscerale, contro l’attuale compagine di governo - mettere l’accento su quella che, comunque la si voglia considerare, resta una questione aperta da sempre, oggi come in altre epoche: cioè dove e come si canalizza il consenso espresso da coloro che, almeno a parole, si richiamano in Italia ai princìpi del cattolicesimo.
Lo stesso giornale aveva ospitato, il 9 giugno scorso, un’intervista al presidente della Conferenza episcopale italiana, card.
Gualtiero Bassetti, scegliendo come titolo una frase tra virgolette del porporato: “Non divideranno i cattolici dal Papa”. Insomma, stando a questi e altri interventi, la Chiesa, dai vertici fino alla base, sembra si stia ponendo seriamente, e a tratti drammaticamente, il problema del perché soprattutto la Lega di Salvini faccia tanta breccia anche tra i cattolici. Le risposte a questo interrogativo finora fanno riferimento principalmente, se non esclusivamente, alla ormai assodata capacità inarrivabile del leader leghista di utilizzare tutti i mezzi possibili della comunicazione odierna per parlare più alla ‘pancia’ che al cuore o al cervello delle persone.
E lo fa in un momento storico ed economico in cui la crisi assorbe molti dei pensieri della maggioranza degli italiani, che percepiscono - questo il tema di maggior peso - come pericolosa per il loro futuro, sotto vari aspetti, l’accoglienza e la presenza delle popolazioni che migrano nel nostro territorio da Paesi più poveri e disagiati del nostro.
Insomma, il consenso alle ‘parole d’ordine’ salviniane su frontiere e porti chiusi viene vissuto, in alcuni settori della comunità cattolica italiana, come una limitazione alla possibilità di continuare, finché regnerà il Governo verdegiallo, a diffondere e praticare princìpi come, appunto, accoglienza, carità e parità di trattamento a prescindere dalle differenze di etnia, nazionalità o religione.
Sembra dunque porsi la cruda alternativa tra il consenso (in continua crescita) alla Lega e la professione di fede cristiana. Non è la prima volta nella storia dell’Italia del dopoguerra che questo accade; oggi però tutto è reso più lacerante dalla pressione mediatica che si crea sull’argomento, e dal fatto che il modo dell’attuale Papa di intervenire sulle questioni, come i migranti, dai risvolti politici rilevanti, per quanto ‘leggero’ e non divisivo nella forma, non lascia spazio a dubbi o infingimenti su come si debba comportare chi si richiama ai princìpi del cattolicesimo. “I cattolici stiano con chi salva le vite” ha detto padre Bartolomeo Sorge, gesuita ed ex direttore di Civiltà cattolica , erede spirituale del cardinale Martini. Tutto legittimo. Il problema però andrebbe anche visto dal punto di vista dell’elettore cristianamente ispirato, che si ritrova schiacciato tra da una destra ormai palesemente ‘infastidita’ da valori come quello dell’accoglienza, e una sinistra che tende a non enfatizzare e a non appropriarsi (anche “per non fare un favore a Salvini”) di un bagaglio di ideali cui storicamente ha sempre evitato di volersi ispirare, almeno direttamente. Prevale dunque il ‘giorno per giorno’, il pensare che i confini nazionali e il quieto vivere quotidiano siano minacciati da chi arriva da altri Paesi. Di qui il consenso politico, anche di tanti cattolici, a chi si erge a loro difensore. Resta un dubbio: che accoglienza avrebbe, nell’Italia - e non solo - di oggi, chi predicava di “dar da mangiare agli affamati e da bere agli assetati”?
Daris Giancarlini
In politica, i cattolici italiani si ritrovano attualmente schiacciati tra una destra intollerante e una sinistra che glissa sul patrimonio cristiano della nostra cultura. Con le sue capacità comunicative, Salvini pone la Chiesa di fronte a domande dalla risposta non facile