Bassetti: “Intervenire sul Codice per differenziare, non depenalizzare”
“Non è necessario essere credenti per riconoscersi membri di quella grande comunità che è l’umanità, dove ogni uomo ha lo stesso valore e la stessa dignità, a prescindere dalle condizioni in cui si trova. Perdere questo orizzonte potrebbe significare aprire a qualsiasi facilitazione di morte procurata per legge, anche depenalizzandone l’aiuto. Siamo contrari, e non serve essere credenti per questo”. Lo dice il card. Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, in una intervista rilasciata ad Avvenire il 13 luglio e pubblicata sul sito www.avvenire.it . Alla Camera si stanno discutendo alcuni disegni di legge e ipotesi di apertura a forme di “morte medicalmente assistita” e da più parti si chiede che il Parlamento legiferi prima che intervenga la Corte costituzionale che il 24 settembre si pronuncerà sul tema. “Provo un profondo turbamento di fronte alla possibilità che anche nel nostro Paese si aprano le porte all’aiuto al suicidio, tramite una legge o attraverso le sentenze di tribunali ordinari o della Corte costituzionale” ha detto il Cardinale, auspicando una decisione del Parlamento “per esempio intervenendo sull’articolo 580 del Codice penale soltanto per differenziare e attenuare – non depenalizzare! – in alcuni casi la previsione sanzionatoria all’aiuto al suicidio”. “Chi soffre non ha bisogno di qualcuno che gli indichi l’uscita di sicurezza verso la morte – peraltro vissuta come un ‘dissolversi nel nulla’ – ma di essere sostenuto, aiutato, ascoltato, mai lasciato solo”, è l’avviso del porporato. La sua convinzione è che “spesso basta una vicinanza amorevole per dare senso, sollievo e speranza a chi la speranza l’ha persa, sia un malato o i suoi familiari, che a volte ne vivono il dolore in maniera persino più forte”. Quindi, un’esortazione dal presidente della Cei alla politica affinché “metta al primo posto un concreto accesso per tutti a cure adeguate, a partire da quelle palliative e dalla terapia del dolore”. Una richiesta che nasce da una considerazione: “L’esperienza e i dati ci dicono che, laddove cure palliative e terapia del dolore sono offerte con competenza e umanità – come accade in tanti hospice – nessuno chiede di essere ucciso. Quella dell’accesso alle cure è forse la più odiosa fra le diseguaglianze, perché colpisce i più deboli e i più fragili”.
M.R.V.
