Verso le elezioni europee. Le strategie di corto respiro di Lega e cinquestelle
Apro con De Gasperi, poi - e me ne scuso con i miei cinque lettori sarò costretto ad abbassare il livello. “Un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista guarda alla prossima generazione”: secondo voi, cosa stanno guardando i politici italiani in questo momento?
Il 2019 è spezzato in due dal punto di vista politico. Il primo pezzo di nuovo anno arriva a maggio, alle elezioni europee. Un appuntamento che le forze sovraniste di tutta Europa, e non soltanto, stanno preparando da mesi, dipingendolo come uno dei passaggi epocali di una nuova Era politica. Da quel voto, i leader populisti di tutto il Continente si attendono un cambio di leadership dell’Unione europea: cosa voglia materialmente dire per la vita dei cittadini europei questo cambio, qualora si dovesse realizzare, ancora non è stato ben spiegato. Anche se è facile intuirlo.
Le due maggiori forze populiste italiane, quelle che compongono il ‘Governo della reciproca convenienza’, hanno seguito finora un percorso ondeggiante nei confronti delle istituzioni comunitarie. Appena insediati al Governo, leghisti e pentastellati hanno spinto, per difendere le loro promesse elettorali, sul tasto della critica infuocata, fino ad arrivare all’insulto personale nei confronti dei vari commissari Ue. Poi lo spread è salito, come le critiche alla manovra provenienti da vari settori della società civile ed economica, e la trattativa con Bruxelles è diventata obbligata. Fino al punto (è la critica delle opposizioni, per quello che conta...) che si parla di una manovra ‘scritta a Bruxelles’. Una capriola, dunque? Più semplicemente, l’ennesima dimostrazione che Lega e cinquestelle, svincolati da agganci ideali cogenti, si muovono in base a una strategia del ‘giorno per giorno’, più preoccupati del consenso da conseguire che delle conseguenze reali delle loro scelte. Rientra in questa strategia anche il tipo di manovra economica che è stata messa nero su bianco: si spendono quest’anno i denari che dovranno essere reperiti con la prossima legge di stabilità. Si spendono soprattutto per tenere fede alle promesse relative al reddito di cittadinanza e a ‘quota 100’ sulle pensioni, soldi che non ci sono.
E qui entriamo nella seconda parte di questo 2019, i cui ultimi mesi saranno politicamente predominati dal dibattito sulla prossima manovra economica. Con quale maggioranza e quale Governo in carica, lo deciderà proprio l’esito delle elezioni europee. Rispetto alle quali i due alleati dell’attuale esecutivo si stanno muovendo in ordine sparso. La mossa dei grillini di dare appoggio alla protesta dei gilet gialli francesi ha il sapore del ‘bagno purificatore’ rispetto alla preponderanza leghista, una sorta di ritorno alle origini di un movimento, quello che fa capo alla Casaleggio & associati, che ha nella protesta e nella critica al potere la propria carta d’identità più veritiera. Non si sa se questo basterà per recuperare quei consensi che i pentastellati temono siano già andati persi per le promesse elettorali non mantenute.
Dall’altro versante, Salvini conta soprattutto di portare dalla propria parte quella quota di elettori di destra che alle ultime politiche avevano scelto i cinquestelle.
Maggio, dunque, è quello che conta. La prossima generazione può aspettare.
Daris Giancarlini