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Chi era santa Bakhita, simbolo della lotta contro la tratta

La data in cui si celebra la Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone è, non a caso, l’ 8 febbraio . Si tratta del giorno in cui ricorre la memoria liturgica di santa Giuseppina Bakhita , suora canossiana di origine sudanese, divenuta simbolo universale dell’impegno della Chiesa contro la tratta. Nata forse nel 1869 (mancano i registri ufficiali) a Olgossa, nel Darfur sudanese, portò per tutta la sua vita le cicatrici, 144, che le avevano inflitto dopo averla rapita e fatta schiava quando aveva attorno ai 9 anni. Un trauma così profondo che la bambina dimenticò perfino il proprio nome. I suoi rapitori le diedero quello di Bakhita, che ironicamente significa “fortunata”. Fustigazioni e maltrattamenti: insieme alla schiviatù sperimentò umiliazioni fisiche e morali. Solamente nel 1882 la sua sofferenza fu alleviata, quando fu “comprata” dal console italiano. In questa famiglia, e successivamente in un’altra casa italiana, ricevette gentilezze e rispetto. Un cambiamento della situazione della famiglia italiana fece sì che venisse affidata alle suore Canossiane dell’Istituto dei catecumeni di Venezia. Fu lì che Bakhita venne a conoscere quel Dio che fin da bambina “aveva sperimentato nel cuore, senza sapere chi fosse”. Fu accolta nella Chiesa cattolica nel 1890, si unì alle suore e nel 1896 emise i voti perpetui. I successivi cinquant’anni della sua vita li spese testimoniando l’amore di Dio attraverso i servizi di cucina, cucito, ricamo e portineria. La sua voce era gradita ai più piccoli, di conforto ai poveri e sofferenti. Il suo sorriso costante ha conquistato il cuore delle persone, così come la sua umità e semplicità. Con la vecchiaia visse lunghi e dolorosi anni di malattia, ma continuò perseverando nella speranza, scegliendo sempre il bene. Quando la visitavano e le chiedevano come stava, rispondeva: “Come vuole el Paròn”.

Durante gli ultimi giorni di vita rivisse il doloroso tempo della sua schiavitù, tanto che spesso supplicava: “Per favore, allentatemi le catene, sono pesanti!”. Circondata dall’affetto delle consorelle, morì l’8 febbraio 1947.

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