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Non un’unica nazione ma un solo cuore ci unisce

Tre donne: Irina, russa di Ivanovo (città a 300 km da Mosca), Inna di Khmelnytskyi (Ucraina), e Alona di Donetsk (Donbass), che ogni giorno lavorano fianco a fianco alla Deltafina di Bastia Umbra. Tre lavoratrici che nel giorno della Festa della donna hanno deciso di abbracciarsi per la pace in Europa. “Le guerre sono un orrore, non ci si può voltare dall’altra parte. Purtroppo stiamo assistendo a una vera guerra - dice Irina dal palco allestito nello stabilimento - . In Ucraina scorrono fiumi di sangue e lacrime. Imploriamo tutti, russi e ucraini, che cessino gli attacchi armati e si torni a rispettare il Diritto internazionale. Ci auguriamo che prevalga il dialogo, la mediazione, e si raggiunga presto la pace”.

Pensa a tutti i presenti, ma principalmente a Inna e Alona, le cui storie parlano di guerra e miseria. “Ho 30 anni - racconta Alona con gli occhi lucidi - e a 22 sono rimasta da sola a Donetsk, la mia città d’origine, quando la mia famiglia è scappata in Crimea nel 2014 a causa della guerra. Sono cresciuta alla svelta!”. Una laurea in Giurisprudenza all’Univesità di Kharkiv, città ora devastata dai bombardamenti, e un lavoro stabile in tribunale. Era il 2016. “Un giorno esco dal bagno e una bomba cade proprio davanti al mio palazzo. Ho pensato di chiamare la mia famiglia per un ultimo saluto. Avevo paura di morire. Ho contattato una zia che vive a Roma, mi sono licenziata, ho preso il necessario, e nel giro di dieci giorni sono partita. Con 40 euro in tasca”.

Arrivata in Italia, dopo qualche mese raggiunge Città di Castello e trova lavoro in un ristorante. Poi, dopo i campi di tabacco, arriva a Deltafina. “Ho ricostruito la mia vita. Ora riesco anche ad aiutare la mia famiglia”.

Ha due fratelli, uno a Kiev, l’altro a Donetsk. “Non possono uscire dal Paese perché tutti gli uomini tra i 18 e i 60 anni devono rimanere per difendere la patria. Uno dovrebbe arruolarsi nell’esercito ucraino, l’altro in quello russo, combattendo l’uno contro l’altro! Una cosa inimmaginabile, eppure è la realtà”. Il pensiero a quanti sono rimasti in Ucraina: “Siate forti, vi auguro di sopravvivere. Spero che presto potrò riabbracciare la mia famiglia e che potremo ritrovarci e scordare le cose orribili che ci sono capitate”.

Inna , 41 anni, è in Italia da quando ne aveva 22. “Sono partita con i miei genitori per scappare dalla fame” racconta con il pensiero a quando nel suo Paese non c’era la guerra ma c’era già miseria. Il resto della famiglia si trova a Khmelnytskyi. In quella parte del Paese la situazione è tranquilla, “ma ci aspettiamo che i conflitti scoppino da un momento all’altro”.

Anche lei vorrebbe che i parenti la raggiungessero in Italia, però “nessuna delle mie cugine vuole lasciare i propri mariti. Nessuno vuole scappare. Gli uomini vogliono difendere il loro Paese per offrire un futuro migliore ai giovani. Nel 2014 è scoppiata la guerra, e mio nipote di 19 anni è andato a combattere. Dopo due giorni gli hanno sparato”. Come aiutare dall’Italia?, le chiediamo. “Non è facile ora. Ma quando questa guerra sarà finita, avremo bisogno di aiuto per ricostruire l’Ucraina. Per il mio Paese mi auguro tutte le cose migliori del mondo - conclude. - Ora ci sono solo lacrime e sangue, mamme che urlano e bambini che piangono”.

Annalisa Marzano

L’abbraccio per la pace tra donne russe e ucraine, presso la Deltafina di Bastia Umbra

Proprio l’8 marzo si sono intrecciate storie di donne segnate dalla sofferenza da anni, e oggi la situazione è giunta alla follia

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