Il pane e la Grazia
La gioia per il ritorno alle celebrazioni con il popolo si percepisce con chiarezza nelle parole del cardinale Gualtiero Bassetti. E, soprattutto, si legge nei suoi occhi brillanti e nell’emozione della sua voce. Da quando i fedeli sono tornati intorno alla mensa dell’altare, l’arcivescovo di Perugia e Città della Pieve ha celebrato due volte nella sua “chiesa madre”, in particolare ritrovando tanti sacerdoti diocesani, religiosi e operatori pastorali arrivati in cattedrale per la messa crismale.
“È chiaro - ci dice il cardinale - che non siamo ancora con la ‘macchina’ che cammina a ritmo normale sulla strada, ma la stiamo mettendo in moto. Questa è l’impressione che ho. D’altra parte la messa senza il popolo per me è stata una continua sofferenza. Quando celebravo nella cappellina di Sant’Onofrio, in diretta su tv e social media, qualcuno poi telefonava e mi chiedeva perché ogni tanto chiudevo gli occhi. Perché era duro per me vedere quello ‘spettacolo’: non c’era nessuno. E allora, chiudendo gli occhi, vedevo la cattedrale piena”.
Nelle celebrazioni crismali o in quelle di Pentecoste le nostre diocesi hanno iniziato la distribuzione del documento pastorale dei Vescovi umbri dopo l’Assemblea ecclesiale di Foligno dell’ottobre scorso (approfondimento a pagina 5 de La Voce). Un suo commento su questo cammino.
“Questo documento è nato in un’assemblea che io ritengo molto importante: è stata veramente una bella partecipazione. L’incontro è stato ben condotto ed è stata una fotografia reale della nostra situazione. Anche con tante prospettive di ripresa che ci sono suggerite soprattutto dall’ Evangelii Gaudium di Papa Francesco. È un bel segno di speranza per camminare insieme. La sinodalità non vuol dire solo essere sulla stessa strada, ma essere anche in sintonia con la mente e col cuore. Dobbiamo abbattere il clericalismo che, purtroppo, c’è ancora nella nostra Chiesa. Come se fosse una realtà dove tutti ci si debba spartire dei ministeri o una parte della ‘torta’. No, no, non è così: siamo tutti chiamati a servire e quindi il criterio della Chiesa non è il clericalismo ma quello della comunione e della sinodalità”.
In questo periodo di chiusura del Paese e delle celebrazioni liturgiche, lei ha scritto spesso ai fedeli e ai sacerdoti. Di recente, ha parlato anche di ripresa, di economia e soprattutto di lavoro… “Il lavoro non può r imanere uno slogan perché io lo paragono alla salute, che non è un accessorio. La salute è la persona stessa e così il lavoro. Io qui mi accaloro perché lo dico col cuore. Se un giovane viene e dice: ‘ho 30 anni, non lavoro, sono disoccupato, non ho prospettive, non mi posso fare una famiglia’, vuol dire che abbiamo messo una persona in congelamento. È una responsabilità grande perché questa persona, che oggi ha 30-35 anni, è quella che dovrà sostenerti quando sarai anziano. Ma se la gente non lavora, domani chi pagherà le pensioni? Non pensiamo abbastanza al caos che questa situazione genera. Politici, sindacati, istituzioni varie e anche la Chiesa, per ciò che le compete, devono concentrare tutta la loro attenzione sul lavoro. La Pira diceva che sono due le cose indispensabili: il pane e la Grazia. Il pane è la casa, il lavoro, la salute, la scuola. E la Grazia è la dimensione soprannaturale dell’uomo, specie nella preghiera”.
A proposito de “Il pane e la Grazia”, sarà proprio questo il titolo della sua rubrica che La Voce ospiterà - con molto piacere - fin dai prossimi numeri. Di cosa ci parlerà, Eminenza?
“Riprenderò alcuni temi che ho già trattato e che mi stanno particolarmente a cuore, a partire dalla situazione di fragilità delle persone e del territorio. Come dissi durante la Settimana sociale: abbiamo la necessità di ricucire.
Certo, in due anni si sono verificati tali cambiamenti, anche dopo questa epidemia, che nella rubrica vorrei soprattutto sottolineare cosa significhi ricucire oggi. Poi, naturalmente, affrontare anche tutti i problemi che emergono dal rapporto della Chiesa col mondo, i giovani, la famiglia.
Sotto quest’ottica, ‘il pane e la Grazia’ vuole avere una visione completa, integrale della persona umana, come diceva Jacques Maritain. Quindi, partire dalla persona, che Dio con la Creazione ha collocato al centro del giardino, quindi al centro dell’universo. Vorrei riflettere su cosa fare per questa crescita e per lo sviluppo integrale, umano e spirituale, della persona”.
Daniele Morini
L’arcivescovo di Perugia e presidente Cei, card. Bassetti