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Mai strappare un bimbo dal genitore che ama!

“Mamma, non mi abbandonare!”. Lo ha gridato di recente un bambino ad Assisi. Una storia triste: una mamma denuncia per violenza il suo compagno, che è stato rinviato a giudizio, ma nega tutto. C’è un durissimo contenzioso giudiziario sull’affidamento del figlio, che chiamiamo Lorenzo, nome di fantasia. Il Tribunale dei minori di Perugia stabilisce che dovrà andare a vivere esclusivamente con il padre, previo passaggio in casa-famiglia, e la mamma è costretta dai giudici a portarcelo.

Lorenzo ha otto anni, vuole restare con la sua giovane mamma (lo ha partorito a 16 anni), rifiuta di staccarsene. Il bimbo è terrorizzato da suo padre, il quale a sua volta accusa la madre di essere la causa di questo rifiuto, cioè la accusa di essere “alienante”.

La “consegna” del piccolo è straziante. Faticoso leggere tutta la durissima cronaca riportata su Umbria24 dal giornalista Maurizio Troccoli. Un racconto che a tutt’oggi non è stato smentito dalle persone coinvolte.

Lorenzo urla e si dispera fino allo sfinimento, tanto che decidono di non portarlo di peso dentro la struttura ma di trasferirlo in ospedale insieme alla madre, dove saranno separati definitivamente.

Non vogliamo entrare nel merito della vicenda giudiziaria: il punto non è stabilire chi ha ragione e chi torto sulle dinamiche fra i due genitori. Il vero problema è che quello che è accaduto, con tutta evidenza non è il vero interesse del bambino, a prescindere dalle vicende di suo padre e sua madre.

Se un bambino vuole stare con la mamma e rifiuta di vedere il papà, e lo manifesta così chiaramente, senza ombra di dubbio, i giudici devono innanzitutto chiedersene il perché , e cercare di stabilire i fatti.

Separare un bambino dalla sua famiglia dovrebbe essere una extrema ratio , ma strappare in quel modo un bambino alla mamma è sempre un trattamento inumano: non dovrebbe succedere mai. E se la mamma non è in grado di prendersene cura – non sembra essere questo il caso, visto che il Tribunale non le ha tolto la responsabilità genitoriale - , che si aiutino entrambi, madre e figlio, senza separarli.

Vogliamo dirlo chiaramente: ciò che è accaduto ad Assisi è inaccettabile, a prescindere dalle intenzioni di chi ha permesso che accadesse.

È inaccettabile ancor più perché per questa mamma c’è l’accusa di alienazione: si tratta di una strategia processuale basata su un costrutto teorico che non ha alcun valore scientifico, come dichiarato anche dal ministero della Salute. E una recente ordinanza di Cassazione l’ha paragonata al Tatertyp : termine giuridico tedesco, in riferimento a una teoria nazista degli anni ’40 secondo cui una persona poteva essere condannata non per i fatti commessi, ma per il suo modo di essere. Cioè questa madre sarebbe condannata non per fatti compiuti, ma per come è.

L’alienazione parentale suppone che, se un bambino rifiuta un genitore, è perché l’altro genitore lo ha manipolato. Secondo questa ipotesi, il bambino deve essere allontanato dal genitore voluto, il cosiddetto “alienante”, manipolatore, e obbligato a stare con il genitore rifiutato, magari dopo un periodo “rieducativo”, di “resettaggio”, in una struttura dedicata.

Nella maggior parte dei casi in cui questo costrutto ideologico è applicato il genitore rifiutato è il padre, e quello voluto e “alienante” è la madre, tanto che si parla anche di “sindrome della madre malevola”. Accade così perché si tratta di bambini piccoli, e che quindi per la stragrande maggioranza dei casi vivono soprattutto con la madre.

E spesso il contesto è quello di violenze familiari, da verbali e psicologiche a fisiche, a cui i bambini assistono o che subiscono. Violenze denunciate dalle madri, spesso non credute o sottovalutate. Di fatto è una strategia volta a screditare i bambini, a definirli inaffidabili: coloro che la applicano ritengono che il rifiuto di un genitore non sia dovuto a fatti concreti, ma perché i figli sono stati manipolati dall’altro genitore, quello amato, e quindi sono inattendibili.

Così, anziché accertare quanto accaduto, come dovrebbe fare ogni tribunale, basandosi su questo costrutto teorico si finisce per adottare misure violente nei confronti dei bimbi, come quelle che abbiamo letto.

I bambini vanno ascoltati sempre. I loro rifiuti e le loro paure vanno indagati, cercando i fatti che li hanno causati. Strapparli violentemente al genitore amato non sarà mai una soluzione giusta, ma solo l’ennesimo trauma che ne segnerà per sempre la vita. Lorenzo deve tornare dalla sua mamma.

Assuntina Morresi

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