Bookmark and Share

Famiglie senza etichette

Daniele Morini

La famiglia è vivissima e, a dimostrarlo, sono le piazze. In nome della famiglia non solo si discute ma ci si scalda pure. A difendere le diverse interpretazioni di sessualità, vita di coppia, genitorialità, si sono viste a confronto due “scuole” proprio lo scorso fine settimana nella nostra regione, tra le iniziative che rilanciavano il 10° Incontro mondiale delle famiglie a Roma con Papa Francesco e, viceversa, il Pride di Perugia (quello che in passato si chiamava Gay Pride, poi esteso alla comunità lgbt+ in generale).

Però sulla questione delle “opposte visioni” forse è bene fare qualche ragionamento.

Domenica pomeriggio sui social sono apparse le prime frecciate contro la piazza della famiglia da parte di qualche sostenitore del popolo del Pride. “Come c’era da aspettarsi”, dirà qualcuno. Però vale la pena esaminare quale modello di paladini della famiglia cristiana avessero in mente gli ‘accusatori’. È evidente che il bersaglio contro cui la comunità lgbt+ scaglia i propri dardi avvelenati è l’atteggiamento di alcune aree oltranziste e intolleranti di centrodestra, più destra che centro. Senza fare nomi, tra questi c’è lo stesso soggetto politico – un senatore – che sta creando spaccature all’interno del partito al quale appartiene. Ora, nelle piazze cattoliche umbre di domenica scorsa non appariva neppure l’ombra del personaggio in questione.

Al contrario, le Chiese umbre e le famiglie cristiane hanno messo in piedi portandola nelle piazze - un’operazione estremamente aperta, dialogante, positiva.

A Perugia, ad esempio, la festa in piazza IV Novembre aveva lo scopo di raccontare le varie stagioni della vita e della famiglia, senza nessuna velleità di “indottrinamento”. Ciò che si “metteva in piazza” erano semplicemente storie vissute: gli sposi novelli, i giovani sposi già con figli, le famiglie adottive, quelle ferite, magari con crisi profonde alle spalle, esperienze legate al mondo della disabilità, e tanto altro. Non è andato in scena nessun siparietto “contro” qualcuno o qualcosa, solo condividere esperienze. Senza malignità, variando su una nota espressione tipica dello schieramento a favore della libertà di scelta sessuale, quello di domenica a Perugia lo si poteva definire un “arcobaleno di famiglie”.

Forse è arrivato il momento per tutti, da entrambe le parti, di sganciare l’idea della difesa della famiglia cristiana dall’appartenenza a una fazione sociopolitica che non sempre usa toni e i registri giusti per chi - come i credenti - dovrebbe mostrare il volto dell’accoglienza, della compassione e le braccia aperte di Gesù sulla croce, almeno per ascoltare e avvicinare l’altro senza elevarsi a giudice.

Sul fronte opposto, quello lgbt+, si nota però con amarezza che anche chi si proclama difensore dei diritti a oltranza voglia negare il diritto di parlare, raccontare e raccontarsi, alle persone comuni. Persone (e famiglie) che - pur avendo ben chiara e cara la propria identità - non indossano le insegne dei “crociati” e, anzi, che spesso si sentono lontane anni luce dallo stile comunicativo e dalle idee di qualche politico che - il dubbio è più che legittimo - sembra giocare partite personali più che difendere interessi più ampi e condivisi. Insomma, i credenti a volte sembrano prigionieri di etichette ideologiche che la gran parte delle famiglie cristiane non ha cercato.

Bookmark and Share