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Un treno in corsa non va fermato

“Le mie parole sono state interpretate come un attacco al Governo e questo ne fa una polemica del tutto gratuita. Sul cambiamento del commissario straordinario per la ricostruzione ho assunto una posizione critica perché farlo a sei anni dal sisma, quando finalmente le cose funzionano, mi sembra proprio un incidente”.

A parlare è l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra, mons. Renato Boccardo . Al settimanale La Voce e ai microfoni di Umbria Radio InBlu spiega le ragioni del suo intervento dopo la decisione del Governo di sostituire Giovanni Legnini con Guido Castelli.

“Non vedo ragioni valide per questa interruzione - continua l’arcivescovo Boccardo - che rischia di ritardare un processo che finalmente era decollato”.

In tanti concordano sulla positiva collaborazione tra le varie istituzioni e Legnini in questi quasi tre anni di lavoro da commissario. Questo vale anche per le Chiese diocesane del cratere?

“È stato qualcosa di molto bello in questi tre anni: abbiamo trovato nel commissario e nella struttura commissariale degli interlocutori competenti e decisi. Diversi intoppi burocratici sono stati superati. Tutto l’iter burocratico è stato snellito e velocizzato: opere pubbliche, case, luoghi di lavoro, piccole industrie lungo tutta la Valnerina. Tante operazioni si sono messe in movimento e sono giunte a conclusione. Questa è la preoccupazione: un treno in corsa non va mai fermato”.

Il tavolo di coordinamento tra Governo e Chiesa, nato poco dopo il sisma, stava lavorando bene, quindi?

“Con i vescovi delle diocesi più colpite dal sisma del 2016 abbiamo avuto vari incontri e ultimamente questo tavolo si è riunito con meno frequenza proprio perché le varie ordinanze emanate dalla struttura commissariale hanno permesso di esaminare e di dare il via a tante operazioni. Il coordinamento aveva individuato le linee di azione e sulla base di queste in ogni diocesi erano state scelte le priorità. La prima preoccupazione è stata quella di restituire a un territorio almeno una chiesa dove la vita della comunità cristiana potesse svolgersi e svilupparsi. Luoghi che sono un punto di riferimento e di aggregazione, che ricordano l’identità e la storia anche spirituale e religiosa delle popolazioni”.

In questi giorni c’è stata anche una telefonata chiarificatrice con Castelli… “Dopo tutto il ‘can can’ che è venuto fuori, mi sono sentito in dovere di chiamare il nuovo commissario, fargli gli auguri di buon lavoro e dirgli che da parte mia non c’è nessun dubbio e nessuna critica sulla sua persona e sul suo operato. Anzi, gli ho assicurato la nostra collaborazione e il desiderio di continuare sulla linea che abbiamo sperimentato finora. Ho voluto chiarire proprio questo, distinguendo la persona e quello che faremo insieme, dalla modalità che in questo momento mi è sembrata un po’ inopportuna”.

Avete parlato anche di priorità e urgenze?

“Non ancora. Ci siamo detti che dobbiamo incontrarci quanto prima, non appena lui entrerà nella nuova funzione e individuare insieme le modalità migliori per rispondere alle attese della gente. Questa dev’essere la preoccupazione di fondo, al di là delle appartenenze di partito, gruppo, sindacato, parrocchia o diocesi: dobbiamo confermare questa alleanza che va al di sopra degli interessi particolari e guarda al bene comune. Tutte le competenze, i desideri, le capacità devono avere quest’unico orientamento: rispondere bene e presto alle attese della gente”.

A che punto è la ricostruzione nel territorio della sua diocesi di Spoleto- Norcia?

“Abbiamo 362 chiese segnate dal terremoto. Qualcuna completamente distrutta: penso alla basilica di San Benedetto e alla cattedrale di Norcia, a San Salvatore a Campi e così via. Altre chiese sono danneggiate, in modo più o meno grave, ma comunque inagibili. Per quanto riguarda la nostra zona, la ricostruzione delle chiese è una priorità ma senza dimenticare che prima delle chiese vengono le case e le piccole aziende che hanno subito danni ingenti dal terremoto e ne portano le conseguenze. Accanto alla ricostruzione materiale, poi, mi sembra importante e forse pure più urgente la ricostruzione del tessuto sociale. Il terremoto prima e la pandemia poi hanno segnato profondamente la vita sociale, quasi provocando un rinchiudersi su se stessi, sul proprio mondo e sui propri piccoli interessi. La sfida, sia a livello sociale sia ecclesiale, è quella di ritessere un tessuto di relazioni, di fiducia reciproca, di collaborazione e solidarietà. Il Papa ce lo ha ricordato con insistenza durante la pandemia: nessuno si salva da solo e ne abbiamo fatto esperienza”.

Tornano, in maniera ciclica, anche le accuse a Chiesa e vescovi di fare politica. Anche stavolta… “Ho ricevuto alcune mail molto aggressive con l’accusa di fare politica. È vero che noi come sacerdoti ci dobbiamo occupare di annunciare il Vangelo, ma non viviamo fuori dal tempo e dalla storia. Anzi, noi crediamo che i valori del Vangelo debbano ispirare anche la vita della società civile, che non vogliamo imporre a nessuno. Ma abbiamo il diritto e il dovere di proporre una visione di uomo e di società che affonda le radici proprio nel Vangelo. Vescovi e preti non fanno politica quando parlano della vita sociale, del bene comune, della solidarietà con i poveri e i migranti, con coloro che portano il peso della vita quotidiana con maggiore fatica. Non facciamo altro che essere fedeli al Vangelo, pur con tutti i nostri limiti, povertà e contraddizioni. Tentiamo di custodire questa fedeltà al Vangelo di Gesù e continuare a proporla come qualcosa che è capace di dare senso e fecondità alla vita dei giorni”.

Daniele Morini

L’arcivescovo Renato Boccardo con Giovanni Legnini

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